L’idea di un percorso su se stessi e di una “cura della parola” ha il suo fascino, ma il dubbio più grande per chi si approccia a questo mezzo di guarigione è: “funziona?”.
In un mondo in cui tutto va veloce e gli spazi e i tempi per se stessi si riducono sempre di più, la domanda diventa ancora più essenziale, visto che spesso viene propagandata l’alternativa facile, la pillola magica che tutto risolve.

Cerchiamo, allora, di rispondere alla fatidica domanda: “funziona?”

La psicoterapia non solo funziona, ma si è scoperto che spesso funziona meglio delle medicine [1], evita tutti gli effetti collaterali e dà risultati che rimangono nel lungo termine. Quest’ultimo aspetto non stupisce forse neanche i non specialisti, visto che è evidente che un farmaco incide sul sintomo, non certo sulla causa né sul nostro modo di pensare. Eliminato il farmaco, il sintomo torna potente come prima, a meno che non si voglia continuare ad assumere medicine per tutta la vita con tutte le conseguenze, in alcuni casi anche notevoli, che queste comportano.
Naturalmente, vi sono casi in cui il farmaco è necessario, con o senza psicoterapia, ma laddove sia sostituibile da una cura di tipo psicologico, perché preferire quest’ultima?

GLI EFFETTI DELLA PSICOTERAPIA

Inizialmente, gli studi sull’efficacia della psicoterapia si sono incentrati prevalentemente su una delle sue forme più adatta alla standardizzazione, cioè la terapia cognitivo-comportamentale. I risultati mostrarono la sua efficacia e anche le sue performance superiori al farmaco, in molti casi.
Rispetto, invece, alle terapie cosiddette “dinamiche” (di cui la psicoanalisi è l’esempio più conosciuto), le ricerche apparentemente non progredivano, anche perché molti esperti della tecnica trovavano impossibile comprimerla all’interno dei rigidi protocolli imposti dagli esperimenti, che richiedono, giustamente, ripetibilità, verificabilità e altre caratteristiche che poco si confanno alla plasticità della tecnica psicoanalitica, più flessibile e adattabile alla soggettività del paziente rispetto ad altri trattamenti.

Tuttavia, da un certo punto in avanti, anche le tecniche dinamiche, pur con qualche restrizione imposta dagli standard degli esperimenti, iniziarono ad affacciarsi al mondo dell’evidence-based; purtroppo, i professionisti di questo orientamento appaiono meno bravi dei loro colleghi nel diffondere le notizie e nel fare pubblicità comparativa, perciò sicuramente questi risultati sono stati più diffusi fra gli addetti ai lavori che non nel grande pubblico.
Paolo Migone è un collega che spesso ha studiato e diffuso le prove di efficacia della terapia dinamica, dimostratasi persino superiore anche a tecniche più “blasonate” in campo scientifico, come la terapia cognitivo-comportamentale, spesso sfatando anche il mito che in questo ambito non esistessero non solo risultati dimostrati, ma addirittura che non si fossero fatti esperimenti [2].

Nel tempo, poi, sempre più studi hanno mostrato come la psicoterapia, quella psicoanalitica in particolare, portasse a dei cambiamenti dei circuiti neuronali, arrivando finalmente a trovare quel legame col mondo della biologia che Freud si era auspicato fin dall’inizio [3].
In questo senso, un recente studio pilota dell’Università del Massachussets mostrerebbe come, dai primi risultati naturalmente da confermare con uno studio più ampio, la psicanalisi determini cambiamenti nell’attività metabolica di una precisa zona del cervello; l’analisi eseguita con la Pet mostrerebbe differenze fra prima e dopo la cura basata sulla psicologia dinamica [4].

Altrettanto interessanti sono alcune recenti scoperte che mostrano come, analizzando lo svolgimento della terapia cognitivo-comportamentale in alcuni studi che ne mostrano l’efficacia, si sia scoperto che i terapeuti non seguivano rigidamente il protocollo, ma introducevano elementi di stampo decisamente più dinamico (nel senso dell’orientamento terapeutico) [5]. Purtroppo, invece che prendere questi risultati come un indizio della possibilità che gli effetti positivi fossero anche o principalmente dovuti all’introduzione di aspetti psicodinamici (domanda che rimane aperta e che sarebbe interessante riuscire ad approfondire), gli autori dello studio hanno concluso con la raccomandazione di seguire più rigidamente i protocolli.

PERCHÉ FARE UNA PSICOTERAPIA INVECE CHE PRENDERE FARMACI?

Naturalmente, non si vuole sminuire l’importanza delle medicine che, in alcuni casi, possono essere indispensabili o utili per coadiuvare un altro tipo di trattamento; ma, da sole, non possono essere mai totalmente risolutive.

A parte quanto già scritto in merito alle prove dell’efficacia dei farmaci, che si è mostrata decisamente inferiore alle aspettative e, spesso, inferiore alla psicoterapia, il farmaco in sé e per sé non può mai essere considerato una cura definitiva, che elimina il problema alla radice, ma è semplicemente un rimedio sintomatico: tiene a bada il sintomo, ma non influisce sulle cause del malessere. Le medicine, in particolare quelle che vanno ad incidere sulla psiche, hanno spesso effetti collaterali pesanti e non impattano sulle cause e sul rafforzamento delle proprie risorse, cioè i veri elementi che possono dare un risultato nel lungo termine. La psicoterapia, inoltre, non aiuta solo a modificare gli stati di disagio che si vivono, ma crea un effetto di empowerment, di ampliamento delle proprie qualità e di miglioramento nella capacità di affrontare le situazioni di vita; empowerment che, a sua volta, ha un effetto di circolo virtuoso il quale va ad incidere sul senso di autostima ed autoefficacia.

E’ sicuramente un investimento più lungo e difficile, in termini di tempo ed energie spese, ma provoca un cambiamento reale sulla capacità di affrontare la vita. Non ne vale forse la pena?

[1] Vedi Paolo Migone, http://www.psychomedia.it/pm/modther/probpsiter/ruoloter/rt112-09.htm

[2] Cfr. l’ultima parte del parere di Paolo Migone e, in particolare, la bibliografia di riferimento: http://www.osservatoriopsicologia.com/2010/09/25/lennesima-morte-di-freud/

[3] http://www.neuroscienze.net/?p=3477

[4] https://www.fondazioneveronesi.it/articoli/neuroscienze/la-psicanalisi-lascia-unimpronta-nel-cervello

[5] https://www.psychologytoday.com/blog/psychologically-minded/201310/where-is-the-evidence-evidence-based-therapies